La sanificazione delle aziende obbligatoria è stata oggetto di diversi provvedimenti che, durante la crisi pandemica da Covid-19, sono stati varati per far fronte alle potenziali conseguenze della diffusione del virus negli ambienti di lavoro. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato il DPCM del 3 novembre 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 275 del 4 novembre.
A dire il vero, l’obbligo di sanificazione ambienti è in vigore, a carico di tutti i datori di lavoro, da oltre dieci anni. Lo stabilisce il Decreto Legislativo n.81 del 2008 (Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), il quale delinea le pratiche utili da seguire per salvaguardare i lavoratori ed evitare così sanzioni, a prescindere dal settore, classificazione di rischio e tipologia.
La pandemia di Covid-19 ha naturalmente imposto requisiti più stringenti in materia di sanificazione e pulizia dei locali di lavoro, imponendo criteri di obbligatorietà in caso di positività conclamata in azienda o meno. Da allora, anche con l’esaurirsi della fase acuta della pandemia, normative e linee guida per garantire la sicurezza dei lavoratori e del pubblico sono diventate patrimonio delle aziende: tra queste, la sanificazione ambienti è diventata una vera e propria priorità.
Vediamo dunque di riassumere i caposaldi della normativa per evitare di essere passibili di sanzioni da parte delle autorità preposte, oltre che di incorrere in un maggiore rischio di contagio. I documenti che, a tale scopo, possono fugare ogni dubbio sono la Circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute e il Protocollo d’intesa del 14 marzo 2020.
Oggi l’obbligo di sanificazione ambienti è imprescindibile in caso di presenza di un caso conclamato di positività al virus interno all’azienda. Il punto 4 del protocollo, in particolare, parla di sanificazione dei locali potenzialmente infettati e degli apparati e strumenti di lavoro degli stessi ambienti, facendo intendere che, dato il livello di complessità, l'intervento di sanificazione ambienti risulta eseguibile esclusivamente a livello professionale. Ma entriamo più nel dettaglio.
La Circolare e il Protocollo consentono di chiarire il carattere dell’obbligatorietà della sanificazione ambienti in azienda, suddividendolo tra organizzazioni con casi conclamati di Covid-19 e imprese in cui i casi non siano stati registrati. In particolare, la prima si sofferma sulla pulizia di ambienti non sanitari “dove abbiano soggiornato casi confermati di Covid-19”, prescrivendo che la decontaminazione dei locali sia eseguita da “personale che indossa DPI” e che dopo l’uso, i DPI monouso vadano “smaltiti come materiale potenzialmente infetto”.
Pur utilizzando il termine “sanificazione” solo nel paragrafo sulla pulizia in ambienti sanitari, è implicito che la sanificazione delle aziende sia obbligatoria qualora ci sia stata un’infezione accertata. Così come è implicito che tutte le operazioni di pulizia, dall’uso di ipoclorito di sodio 0,1% a quello dei DPI, fino al loro corretto smaltimento, richiedano il ricorso a imprese e personale specializzato. In pratica, la norma rimanda, senza citarle, alle imprese autorizzate ai sensi del DM 274/1997.
Il Protocollo d’intesa, al punto 4, raccomanda poi una quotidiana attenzione alle condizioni igienico-sanitarie degli ambienti di lavoro: “l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago”.
Nel rimandare alla Circolare del Ministero della Salute in presenza di una persona con Covid-19, il Protocollo specifica che in generale “occorre garantire la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti produttivi”. Affinché, perciò, le imprese possano risultare a norma con quanto prescritto, devono riuscire a compiere le attività di sanificazione che il DM 274/1997 definisce come “quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione”. Compito che difficilmente si può assolvere senza competenze specifiche in materia.
Il processo di sanificazione è una procedura articolata che impone la rimozione di ogni elemento che potrebbe interferire. Non devono dunque esserci persone durante il processo o, se questo non è possibile, deve esserne interdetta la presenza per tutto il tempo necessario per portare a termine la procedura.
Il tecnico incaricato alla sanificazione ambienti ha il dovere di seguire un processo finalizzato a ridurre la formazione di residui patogeni sulla superficie sanificata. Tale processo comprende vari step:
Se la normale pulizia di un ambiente di lavoro prevede l’uso di prodotti detergenti per la rimozione dello sporco visibile ed evidente, la sanificazione deve essere svolta invece secondo le indicazioni del Ministero, il quale raccomanda l’uso dell’ipoclorito di sodio diluito al 0,1%, ossia una soluzione di acqua e candeggina.
In alternativa, per le superfici che possono essere danneggiate dalla candeggina, viene suggerito l’utilizzo dell’etanolo, il comune alcol etilico con una concentrazione al 75%.
Oggetto di sanificazione devono essere in particolare le superfici toccate più di frequente,i materiali di tessuto devono essere sottoposti a un lavaggio con sapone ed acqua calda a 90° gradi. Se ciò non è possibile a causa delle caratteristiche del tessuto, questo va aggiunto al lavaggio candeggina o altri prodotti a base di ipoclorito di sodio.
A conferma indiretta che la sanificazione ambienti obbligatoria delle aziende presupponga l’incarico a imprese esterne specializzate, l’art. 64 del DL 18/2020 ha introdotto un credito d’imposta “nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino a un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020”.
Il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, ha poi riconosciuto un credito d’imposta in relazione alle spese sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per Covid-19. Il bonus non è però stato prorogato per gli anni successivi.